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Welcome to hell.

Sappi che non posso rispondere alle fanmail, quindi se devi scrivermi fallo per askbox.Si pensa che nella vita non vada mai tutto come ci si aspetta. Si pensa che, non importa quanto desideriamo che qualcosa di straordinario ci accada, nella maggior parte dei casi resteremo sempre fermi al punto di partenza a chiederci perché la gara, per noi, non sia mai iniziata.Sono un ragazzo strano. Diverso, sicuramente. Sono diverso dai normali adolescenti a cui tutto sembra scivolare addosso, sono diverso dagli adolescenti insicuri che fanno tesoro di ogni parere che il mondo esprime su di loro.Mi è difficile definirmi. L'adolescenza è, secondo tutti, la fase dell'età in cui tutto ci sembra cambiare: il mondo esterno, il nostro corpo, i pensieri, le sensazioni, i rapporti sociali. Nel mio caso, quest'età ha simboleggiato l'inizio di una lunga apatia con la quale mi ritrovo tuttora a vivere e a convivere. Detto così può sembrare grave, ma in realtà non lo è poi così tanto: non mi è stata - per ora - diagnosticata alcuna malattia mentale, non sono un invalido. Visto dall'esterno sembro un comune sognatore. È all'interno, però, che tutti coloro che si sono avvicinati hanno trovato qualcosa che difficilmente si trova in altre persone: una completa disillusione, tanto per cominciare, verso un mondo che da sempre continua a farmi capire di non essere fatto per individui come me. La mancanza di speranza, che ormai fa in modo che ogni gesto mi sembri l'ultimo che compirò in questa vita. La voglia di regalare felicità a bizzeffe, il fare sempre in modo che chiunque mi rivolga la parola sia ascoltato, consolato, incoraggiato. Non so se da grande avrò mai dei bambini. La cosa non dipende da me, ovviamente, e le tante variabili da considerare mi fanno pensare che probabilmente mai mi sentirò chiamare papà: in primo luogo, anche solo sopravvivere per altri dieci anni sarebbe un grande traguardo. E poi, se la scienza non troverà un modo per far sì che anche gli zitelli concepiscano, probabilmente sarò davvero condannato a morire da solo. Se mai dovessi, però, essere così fortunato da averne, già ora prego che non diventino mai come me. L'idea che l'ipotetico futuro frutto delle mie carni possa sentire ciò che sento io adesso sembra squarciarmi l'anima in due, ogni volta che il pensiero mi passa per la testa. I miei figli non dovranno sentirsi soli. I miei figli non dovranno guardarsi intorno e vedere che ciò che desiderano è beatamente in possesso di qualcun altro. E parlo principalmente di desideri morali: l'amore, quello non dovrà mai mancargli. Da parte di un padre, di una madre, ma soprattutto da parte di qualcuno che, nonostante tutto e tutti, sceglierà di star loro vicino e gli affiderà la vita. Gli ripeterò ogni giorno quanto io sia fiero di ciò che sono, di ciò che provano. Gli insegnerò ad amarsi, a vedere il buono che c'è in loro e gli farò capire che l'amore per se stessi passa prima dai propri genitori. Dovranno svegliarsi ogni mattina e sapere di essere felici, di quella felicità che sembra irreale, perché è questa la vita che voglio vivano. E perché è questa la vita che voglio viva io.Non mi piace alzare lo sguardo per guardare al futuro, perché non so mai cosa aspettarmi. Altra apatia, altro dolore, altra tristezza. O forse gioia, amore, tranquillità. Col tempo ho imparato a capire che è inutile e improduttivo fare programmi a lungo termine. E quindi domani potrei vincere alla lotteria, fra una settimana incontrare l'anima gemella. O, chissà, fra tre giorni potrei morire. Non ho grandi aspettative, in realtà. So di essere troppo intelligente per poter condurre una vita che possa essere definita in modo diverso da mediocre. Il problema che ho, ogni volta che scrivo una biografia per Tumblr, è che mi soffermo troppo su di me e parlo poco del mio blog, in generale. Quindi, una cosa che voglio mettere ben in chiaro è che non sono qui per trovare migliori amici, o futuri coniugi. I messaggi strappalacrime, dolci, in cui magari mi si professano amore e simili non fanno altro che farmi arrabbiare. Perché non ci si può innamorare, non ci si può interessare a una persona di cui sappiamo poco e nulla e che magari leggiamo una volta a settimana. Potranno capitare, quindi, volte in cui non risponderò ai messaggi privati, perché semplicemente non avrò voglia di parlare o di conversare con qualcuno in particolare.E questo non è, come si potrebbe pensare, sintomo di non umiltà. E’ l'esatto opposto, e ancora oggi, dopo un anno e mezzo, non capisco come sia possibile che il mio blog abbia così tanto séguito, con così tanta gente che sembra interessata a me e a ciò che scrivo. Di sicuro mai mi sarei aspettato di arrivare anche solo a cento lettori, ma la vita mi ha dimostrato, anche in questo caso, che fare programmi è sempre sbagliato.Se hai intenzione di lamentarti del fatto che questo blog sia composto solo da domande, per favore, evita. Non comprendo mai il senso di lamentarsi per il contenuto di un blog, un po’ come se la sua gestione dipendesse da qualcun altro oltre a me e un po’ come se obbligassi qualcuno a leggermi. Sono solo domande, lo ammetto. Ma non trovo il problema: è ciò che scelgo di condividere, pezzi e pensieri della mia vita, della mia mentalità e, più in generale, di me stesso. Si potrebbe definire il mio blog come puramente ‘scritto’, ad eccezione di altri che magari sono specializzati solo in immagini volte a risvegliare istinti sessuali. Purtroppo, se cercate roba del genere, non faccio al caso vostro.Un altro punto su cui voglio, brevemente, soffermarmi è la famosa - per chi bazzica da un po’ su questo blog - questione 'domande personali’. In breve: no, non dirò nulla di me, neanche il continente in cui abito. E se si dovesse pensare che lo faccio perché voglio tenere il mistero, ci si ricordi che non è mai tutto come sembra, e che spesso l'odio che si prova per se stessi può arrivare a livelli tali da respingere la propria immagine e tutto ciò che ci riguardi, a partire dal nostro nome per finire con il numero di occhi che abbiamo.Mi sento solo. Mi sento costantemente solo, di quella solitudine che ti fa capire che se dovessi morire potrebbero passare giorni prima che qualcuno trovi il tuo corpo nel buio della tua camera. Di quella solitudine che, se paragonata a tutte le altre sensazioni che ultimamente provo, sembra prevalere sul resto. Ed è una sensazione orribile da ricordare. Tutte le volte che ci penso, per un attimo il mio cuore cambia il proprio ritmo e le lacrime sembrano pronte a sgorgarmi dagli occhi. È devastante, nell'età in cui si ha bisogno di maggiori certezze da parte del mondo, sentirsi abbandonati a se stessi, sentirsi così soli da aver imparato a farsi bastare la propria solitudine, tanto da respingere ormai ogni raro tentativo che il mondo fa di riavermi fra i vivi.Ho alte aspettative, e questo è uno dei miei tanti, tantissimi problemi. Mi aspetto lo stesso affetto incondizionato che do, mi aspetto l'assenza di secondi fini anche nei gesti degli altri, mi aspetto di essere rispettato allo stesso modo in cui io rispetto tutti. E le aspettative alte le ho anche su di me, sotto ogni aspetto: deludere me stesso è la cosa in cui riesco meglio, subito dopo il deludere gli altri. Non si muore mai con un cuore spezzato. Che si sia rotto a causa di una delusione d'amore, di un amico che ci abbandona o della voglia di non continuare a vivere, la vita va avanti lo stesso. E sta a noi, in quanto esseri umani dotati di ragione, imparare a convivere con i frammenti di quel cuore che ancora abbiamo incastrato in petto e che portiamo con noi dovunque andiamo. Ad un certo punto, però, anche gli ultimi frammenti sembreranno dissolversi, e inizieremo a convincerci di non averne più uno, ormai. Ma è una bugia: come saremmo vivi, senza un cuore? Come vivremmo, nel senso biologico del termine? E allora dobbiamo ingegnarci, dobbiamo far di tutto per imparare a capire di essere ancora ciò che eravamo quando le cose andavano bene, anche se ormai tutto è cambiato: abbiamo ancora la stessa pelle, lo stesso naso e la stessa fantasia. Il cuore è diverso, l'anima è lacerata, ma se durante le lezioni di scienze ho imparato qualcosa, è che le ferite si rimarginano da sole, col tempo. E fra uno, due, cinque o dieci anni, guardando indietro rideremo delle ferite che abbiamo avuto, senza aver più bisogno neanche di un cerotto che ci ricordi ciò che è stato.

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