Cè unimmagine, anzi un ricordo che più dogni altro disegna la
personalità di Paolo Di Canio. È il 90, lItalia si appresta a vivere
il rito pagano dei mondiali di calcio. La Juventus, brutta e cattiva,
ha rapito Roberto Baggio alla Fiorentina, luomo è sofferente, il
calciatore straricco, ma chi scrive non ha mai creduto a questa
discrasia. Il volto di Paolo buca la televisione, i suoi occhi
brillano, il ragazzo romano lanciato nellelite del calcio italiano, la
Juventus di Torino, ammette che la scelta di vestire la maglia
bianconera è stata dettata da due grandi motivi: la scommessa
sportiva e i soldi. Così, senza ipocrisia, con tutta la sincerità di
un giovane calciatore che non ha mai percorso scorciatoie nella sua
carriera di uomo e di giocatore. Lamore per la Lazio? Immenso, il
primo in genere non si scorda mai, ma Paolo non ama guardarsi
indietro, non ama piangersi addosso. In Scozia, col Celtic, è stato
eletto miglior giocatore della premiership, in Inghilterra ha ricevuto
il premio Fair Play della Fifa per un gesto che resterà scolpito
nella storia del calcio mondiale: Paolo ha la palla tra i piedi e la
porta spalancata davanti a sé, ma un giocatore avversario è a terra;
Di Canio si gira e mette fuori tra lincredulità dei propri compagni,
il rispetto del pubblico e la stima degli altri. Un italiano che da
lezioni di sportività in Inghilterra, chi lavrebbe mai immaginato.
Prima di firmare per il Charlton Athletic, ebbe avuto contatti col
Siena, ma poi ha preferito restare a Londra. Certo, dal West Ham
United, lAccademia del football, al Charlton il salto è grande. Paolo
ha trovato una società piccola ma molto ben organizzata, al di là
dei luoghi comuni sulle squadre britanniche. Poi ho trovato dei bravi
compagni di squadra e un tecnico come Alan Curbishley, sentirete
parlare di lui. Per un combattivo come Paolo Di Canio questultima deve
essere stata unestate difficile Abbastanza. Ha lavorato duramente e a
lungo per concretizzare il ritorno alla Lazio, ebbene sì, Paolo ha
quasi pagato per poter indossare la sua maglia dopo 14 anni. Quando si
ha la mia età - ha detto - non ci si possono permettere distrazioni,
ti devi far trovare subito pronto, altrimenti le occasioni sfuggono.
Un calciatore ammirato, un uomo stimato, unautobiografia di successo,
scritta insieme a Gabriele Marcotti, e in men che non si dica Di Canio
sè trasformato in un perfetto gentleman inglese. Eppure gli inizi
sono stati diversi, molto diversi. Nato a Roma il 9 luglio del 68,
Paolo ha esordito in A con la Lazio a ventanni. Nel 90 passa alla
Juventus, Maifredi e Trapattoni i suoi allenatori, 78 presenze, 6 gol
e una Coppa Uefa. Quando veste le maglie di Milan e Napoli si pensa a
lui come a una promessa non mantenuta, come a un giocatore che spende
i suoi sgoccioli di carriera. Poi il passaggio al Celtic Glasgow,
storica squadra scozzese. Gioca, vince ed è premiato come miglior
calciatore straniero del campionato. Quando sembra aprirsi unaltra
fase della sua vita calcistica lavventura allo Sheffield Wednesday e
loramai famoso episodio con il grasso arbitro inglese gli ributtano in
faccia anni di critiche, al suo carattere e al suo modo di essere,
quello che non gli ha mai facilitato le cose, quello che gli ha
impedito di vestire almeno una volta la maglia della Nazionale
maggiore. Forse una convocazione lavrei meritata, ma oramai ci ho
messo una pietra sopra, resta il mio cruccio più grande. Chi avrebbe
dovuto farle posto in azzurro? Le idee ci sarebbero, ma un dato,
però, è certo. Negli ultimi 10 anni hanno vestito la maglia azzurra
giocatori che dopo una sola presenza sono finiti per sempre in
archivio, altri addirittura in B. Io mica chiedevo dessere titolare,
ma almeno unamichevole ha detto Paolo ho giocato pur sempre nella
Premiership. Già, perché con il passaggio al West Ham United, una
delle società che hanno fatto la storia del calcio inglese, le cose
cambiano. Di Canio da spettacolo, diventa un giocatore decisivo, un
trascinatore e con il suo carattere si adatta alla perfezione al
football britannico. LInghilterra mi ha dato tanto, mi piace tutto: la
gente, la vita, il calcio. Ho giocato 9 anni in Italia e 7 qui, il
football mi ha dato di più. Il calcio italiano sta attraversando una
crisi senza precedenti Mancano regole uguali per tutti. Da altre parti
non è così e si vede. La cosa peggiore è che ci facciamo tutti una
gran brutta figura. Paolo Di Canio è uno che le cose le dice in
faccia, quello che pensa è sotto gli occhi di tutti. Anche
strampalate idee politiche che vanno dal Mussolini grande statista del
ventesimo secolo, a prese di posizione sociali che non appartengono
alla destra e alla sua cultura politica. Pensa di essere stato
emarginato dal calcio italiano anche per questo? In Italia
preferiscono i calciatori che dicono solo ovvietà. Io non sono così
e certamente queste mie prerogative non sempre sono state apprezzate.
Si dice che il rapporto con gli allenatori è difficile: Io non ho mai
avuto grossi problemi. Tutti mi hanno dato qualcosa, chi sul campo,
chi fuori, chi entrambe le cose. Con Materazzi, Lippi e Maifredi mi
sono trovato meglio che con altri, ma io cerco sempre di dare il
massimo. Un libro, un altro successo inglese Ho avuto la dimostrazione
che tutti gli sportivi mi apprezzano e in un Paese come lInghilterra
questo è motivo di grande soddisfazione. Il futuro, in panchina? No.
Io ho vissuto anni e vivo tuttora tempi in cui non posso stare senza
il calcio, ma il mio futuro sarà fuori da questo mondo. Ristorazione,
ecco laltra mia grande passione. Intanto ora cè questa avventura con
la Lazio, che qualche gufo vuole da retrocessione. Ezra Pound ha
scritto: "Se un uomo non sa rischiare per le sue opinioni, vuol dire
che le sue opinioni non valgono nulla, o che non vale niente lui" Ecco
la sfida di Paolo, leroe torna a casa per abbracciare i suoi fratelli
e accompagnarli nellavventura più difficile. Qualunque sia lidea che
avete di Paolo Di Canio, qualunque sia il suo futuro prossimo e
venturo, questa frase gli calza a pennello, anche se è sempre
difficile credere che abbia vinto il premio Fair Play della Fifa
mentre lo si guarda digrignare i denti agli avversari.